Engines of form - I motori della forma
di Marco Nardini  scrivi all'autore
 

 

 

 

Experience Music Project di Frank O. Gehry (1995-2000)

Alufelt chair di Mark Newson (1993)

Padiglione-goccia per la BMW di Bernhard Franken (2000)

 

Tutti rimaniamo colpiti dalla somiglianza che hanno alcune forme, proposte in maniera pressochè indistinta, da architetti e designer. Poltrone zoomorfiche, come la Alufelt chair di Mark Newson (1993) possono diventare, con le debite modifiche proporzioniali, blobject abitabili come il padiglione-goccia per la BMW di Bernhard Franken (2000) ma anche grandi musei, come l’Experience Music Project di Frank O. Gehry (1995-2000). É proprio vero; cosa c’è di simile, e cosa di diverso, in questi concetti formali; ma soprattutto, quali sono i “motori” che permettono di determinare, controllare e realizzare queste forme?

I blobject (vale a dire i “binary large object”) sono oggetti del tutto particolari. Essi danno origine a “prodotti” le cui caratteristiche d’innovazione sono senza precedenti; sia nell’elaborazione delle forme che nell’adozione delle soluzioni tecniche e produttive ma anche nell’uso dei materiali per realizzarli. In generale i blobject sono figure, in apparenza, indefinibili. Interessanti all’aspetto estetico e formale, flessibili e assoggettabili a modificazioni geometriche e tecnico-produttive. Sono molto utili nella modellazione di superfici continue a curvatura multi-direzionale. Tuttavia non sono solo questo.

Parlando con Martin Veltkamp, un ingegnere, docente del Politecnico di Deft (Olanda), ci siamo resi conto che adottavamo lo stesso software di progettazione 3D per modellare blobject. Lui nel campo dello studio del sistema strutturale ed io in quello della forma geometrica. Ci siamo anche trovati d’accordo nell’affermare che, in sostanza, oggi non esiste un’interfaccia tra studio della geometria free-form e ricerca della forma strutturale ottimale, adatta a supportarla; anche se sembra ovvio che per queste forme si possano riconoscere delle proprietà tanto di natura geometrica, quanto nei principi strutturali e nelle tecniche produttive. Non a caso i blobject rappresentano, anche da questi tre punti di vista, una sfida che obbliga il progettista a misurarsi di continuo con il concetto d’innovazione, nel senso più ampio del termine.  

 

La geometria free-form

Per quanto riguarda la geometria dei blobject bisogna fare riferimento al “motore” della geometria topologica, in particolare di quella NURBS. Il termine “topologia” è destinato sempre a preoccupare, sopratutto se pronunciato in un consesso d’architetti. In modo semplice e, speriamo, anche rassicurante, si può affermare che la topologia entra nel CAAD per esplorare forme elastiche basate sul calcolo. Facciamo un esempio per chiarire questo concetto. Un foglio di carta che scorre tra dei rulli si muoverà lungo una traiettoria formata da archi di circonferenza con raggi fissi (quelli delle ruote su cui scorre il foglio) e in cui i punti di connessione si troveranno nei punti di tangenza tra le varie curve. Questo comportamento è legato al fatto che il foglio di carta è indeformabile, a meno di un fattore di deformabilità molto modesto. Se al posto di un foglio di carta, indeformabile, avessimo utilizzato un foglio deformabile, come ad esempio una sottile lamina metallica, la curva di traiettoria non sarebbe più stata un arco di circonferenza ma una curva morbida, in cui i raggi sarebbero stati rimpiazzati da tensori, attraverso cui la curva scorre. Questo tipo di curva si chiama spline (che, in inglese, vuol dire listello). Dal punto di vista geometrico le spline sono curve di “interpolazione”, ciò vuol dire che passano per punti vincolati. In pratica è come se si facesse passare una centina elastica (un listello, appunto) tra un certo numero di punti fissi; come nel caso del fasciame delle imbarcazioni in legno.

Le molteplici forme geometriche assunte dalla curva sono date dal "peso" che i tensori, o vertici di controllo, esercitano sulla linea elastica. Questi concetti geometrici sono propri della topologia. Per un topologo, infatti, cerchi e quadrati sono la stessa cosa, perché possono essere deformati con continuità gli uni negli altri; ed è la stessa ragione per cui questa geometria risulta così adattabile ai vari tipi di forma. La topologia è caratterizzata da superfici flessibili formate da fasci di spline. Le curve sono orientate in direzioni opposte dette U e V, a formare superfici composte. Le spline sono descritte come vettori, definiti con una direzione nello spazio tridimensionale (in x,y,z).

La topologia è stata definita anche la teoria dei fogli elastici o "matematica della continuità", in senso più proprio. La deformazione di un vaso da parte del ceramista, ad esempio, è una deformazione continua; ma perché ci occupiamo anche di questo e cosa c’entra con i blobject. La risposta è che la "continuità" è un punto di partenza importante e una condizione necessaria per chi deve realizzare un blob e, d'altro canto, è molto importante anche per chi deve trovare delle regole geometriche che gli permettano di definire, una volta per tutte, una famiglia vasta ed eterogea di forme geometriche; come fa chi progetta CAAD. Sulla topologia ci sarebbero molte altre cose da dire, proprio perchè questa disciplina geometrica rappresenta un metodo per conoscere ed esaminare la realtà delle forme in un modo del tutto diverso rispetto alla geometria delle coordinate: adottando un approccio, appunto, free-form. Un'idea importante di cui tenere conto è che, nella geometria topologica delle spline, la curvatura e l'inflessione sono determinate dalla posizione dei punti di controllo e dal loro “peso”; ciò vuol dire che data la stessa sequenza di punti, la forma della curva può variare notevolmente, al variare di questi parametri. Il grado di variabilità si chiama, appunto, grado della curva. 

Abbiamo anche parlato di geometria NURBS. NURBS è l'acronimo per: Non-Uniform Rational B-Spline, ed è un metodo algoritmico per la costruzione di curve e superfici free-form. I programmi CAAD fanno ricorso a questo tipo d’algoritmi per varie ragioni. In primo luogo perchè essi permettono, come abbiamo già detto, di costruire praticamente ogni geometria, piana o solida, mantenendo un ottimo controllo della sua forma plastica. In secondo luogo la descrizione NURBS richiede pochissime informazioni, rispetto ad altri algoritmi descrittivi. Questo avvantaggia i software per quanto riguarda la quantità di dati, e di calcoli, che devono gestire per ogni elemento geometrico e, in ultima analisi, permette una maggiore velocità d’elaborazione.

La descrizione NURBS è universalmente riconosciuta, permettendo una gran facilità nel trasferire i dati da un software all'altro. Infine, ma questo è forse il motivo più importante, editare (cioè elaborare) un modello NURBS è molto semplice.

Gli elementi geometrici principali delle curve NURBS sono, come abbiamo visto anche nelle spline, i punti di controllo. Essi stabiliscono la forma della curva e permettono di modificarla. Nel caso delle curve “control point” i punti di controllo non giacciono sulla curva ma formano un poligono, esterno alla curva, che la “attira” ponendola in una condizione di tensione, come se fosse un elemento elastico sottoposto a trazione. Nel caso delle curve “interpolate” i punti di controllo giacciono sulla curva.

Quando si disegna una curva NURBS si tracciano dei punti e, man mano che questi vengono definiti, la curva “scorre” tra essi. I punti di controllo non sono visibili, ma possono essere attivati. con appositi comandi. Passando dalla curva alla superficie va detto che una superficie NURBS è formata da una sequenza di curve NURBS, orientate perpendicolarmente tra loro e delimitate da quattro bordi (a loro vota quattro NURBS). Essa si comporta come se fosse una membrana rettangolare. Per la griglia di curve, disposta in righe e colonne, valgono le stesse considerazioni già fatte per una singola curva. Tale griglia è definita da punti di controllo che sono organizzati come una matrice rettangolare. Un insieme di superfici, o polisuperficie, costituisce un solido NURBS. I solidi sono formati da polisuperfici, cioè insiemi di superfici, chiuse. Le superfici chiuse sono quelle in cui i bordi di ciascuna superficie si connettono senza discontinuità con i bordi delle altre. Come si vede il ragionamento è abbastanza semplice. Dalle curve si passa alle superfici e da queste alle polisuperfici chiuse, cioè ai solidi, mantendo le caratteristiche topologiche delle NURBS. Dal punto di vista della geometria costitutiva i “motori” della forma, tanto nell’Alufelt chair quanto nell’Experience Music Project possiamo affermare che sono gli stessi.

 
 

 

 

Eden Project di Nicholas Grimshaw (1999-2001)

 

Padiglione-goccia per la BMW di Bernhard Franken (2000)

 
 
 

Geometria free form e sistema strutturale

 

Quando si costruisce una superficie free-form con curve NURBS le informazioni che si utilizzano sono abbastanza limitate: le curve di bordo, una serie di sezioni, una sezione e una o due curve-percorso. Il solido risultante è formato da curve isoparametriche, che possono essere più o meno fitte ma che non hanno un legame diretto con i comportamenti strutturali dell'oggetto. Per questo se si volesse trasformare tale forma in un oggetto reale sarebbe necessario compiere delle scelte costruttive. Le scelte, a loro volta, inciderebbero anche sull'aspetto formale dell'oggetto in un rapporto di scambio continuo. Facciamo alcuni esempi. Una possibilità è quella di scomporre l'elemento free-form secondo uno schema a celle piane, che utilizza un modello simile alla descrizione geometrica wiremesh. Trasformandolo in un reticolo d’elementi che individuano altrettanti piani, l’oggetto sarà formato da una serie di poligoni (in genere triangolari e quadrangolari) tutti piani.

Una disposizione di questo genere si traduce in una struttura spaziale formata da segmenti lineari che formano il reticolo strutturale continuo. Con questo sistema sono costruite le cupole geodetiche e quelle strutture che, in qualche modo, reagiscono al peso disponendo le membrature strutturali secondo una distribuzione omogenea delle forze. Un esempio è la struttura dell'Eden Project (1999-2001) di Nicholas Grimshaw. Tale copertura è realizzata con una matrice esagonale e pentagonale formata da elementi tubolari in acciaio e giunti in metallo standard. Come vedremo più avanti la realizzazione di un sistema del genere necessita di un controllo in produzione e di un livello di simulazione della struttura ottenibile solo attraverso sistemi digitali.

Il limite di queste strutture è legato principalmente a tre fattori: il carico a cui possono essere sottoposte, visto che possono sopportare quasi soltanto il loro stesso peso; la relativa instabilità a cui vanno incontro a causa di sollecitazioni estreme (come i carichi dovuti al vento, alla neve, ecc.); l’instabilità strutturale dovuta alla grande dimensione. I pregi, viceversa, sono la leggerezza, la modularità, la montabilità (la struttura è autoportante, durante la realizzazione), i minori oneri di trasporto e montaggio.

Un'altra possibilità, per la definizione di queste strutture, è di utilizzare un reticolo formato da sezioni, orizzontali e verticali, che formano la membratura resistente. E' il metodo adottato da Bernhard Franken nel Padiglione BMW (2000) e da Frank O. Gehry nell'Experience Music Project (1995-2000). Attualmente è il metodo più autilizzato perchè garantisce maggiori margini di sicurezza in termini di stabilità e resistenza al carico. Ogni pezzo (elementi della struttura in acciaio, rivestimento in vetro, in metallo o in calcestruzzo armato) deve essere disegnato, calcolato e realizzato su misura. Questo comporta una soluzione produttiva che richiede la realizzazione dei vari pezzi con macchine a controllo numerico e, come abbiamo visto anche nel caso precedente, un sistema progetto-realizzazione gestito con strumenti digitali. Il metodo del reticolo strutturale ortogonale, anche se piuttosto costoso, è quello maggiormente adottato in edifici con rivestimenti "pesanti", come acciaio, vetro e cemento.

Se nel primo caso (quello delle membrature spaziali poligonali), la struttura tende ad essere omogenea, anche in termini di distribuzione degli sforzi al suo interno, nel secondo ogni elemento strutturale, ogni "arco irregolare", avrà una sua caratteristica distribuzione delle sollecitazioni.

Comunque, in entrambi i casi, il passaggio dalla forma geometrica a quella strutturale non è immediato, perchè non è detto che la matrice geometrica di partenza corrisponda, necessariamente, a quella strutturale. E' proprio questo il punto debole del processo progettuale: la difficoltà di far coincidere il sistema delle forme con quello strutturale. Sul piano del comportamento strutturale un settore da approfondire riguarda il rapporto tra forma e resistenza dell'oggetto free-form, nella connessione tra figura geometrica e morfologia della struttura. Oggi, nel migliore dei casi, il modello strutturale viene creato e adattato di volta in volta, procedendo per tentativi. Spesso l’esito finale è quello di una soluzione ibrida che non sfrutta a pieno le opportunità tecnologiche a disposizione. Questo si traduce in una serie di problemi nei vari momenti della progettazione (geometrica, strutturale, tecnologica e produttiva) con il risultato che assai spesso le forme libere “nascondono”, come in un gioco scenografico, delle strutture molto regolari e tecnologicamente tradizionali e, il più delle volte, molto costose. Quest’atteggiamento potrebbe cambiare anche grazie alla disponibilità di un nuovo “motore” della forma, un sistema d’analisi strutturali più raffinate e specifiche per le complesse caratteristiche statico-meccaniche dei blobject.. Ovviamente un’interrelazione tra CAAD (computer architectural aided design) e CAE (computer aided engineering) è, a maggior ragione, necessaria anche perché edifici di una tale complessità possono essere realizzati con successo solamente da team in grado di controllare ogni fase del progetto: dalla formulazione dell’idea alla sua realizzazione.

 

 
 

 

Eden Project di Nicholas Grimshaw (1999-2001)

 

Padiglione-goccia per la BMW di Bernhard Franken (2000)

 
 

Le tecniche di produzione

 

Questa trattazione sarebbe incompleta se non si facesse riferimento al terzo elemento, che triangola gli altri due e che riguarda la progettazione dei blobject: la produzione e l’istallazione. La realizzazione di un edificio free-form implica una tecnologia costruttiva che comprende l’ingegneria strutturale e il sistema produttivo al suo interno. In altre parole non è possibile realizzare un edificio come il Padiglione BMW di Franken o l’Eden Project di Grimshaw, senza poter controllare, già in fase di progettazione, il rapporto tra la forma, la tecnologia costruttiva e la produzione (e i costi di quest’ultima). Le struttura in acciaio del Padiglione BMW, come anche quella dell’ Eden Project, sono realizzate con sistemi CNC (vale a dire con macchine a controllo numerico). Il materiale adottato è prodotto (e anche progettato) in funzione di una risposta strutturale che non può essere standardizzata, vista l’irregolarità della forma e della distribuzione degli sforzi. Da questo punto di vista le tecnologie additive, nella produzione di strutture a scheletro metallico, possono fornire delle performance più elevate rispetto alle produzioni tradizionali. É già nella produzione dei materiali e dei componenti che la tecnologia di questi edifici si differenzia da quella dei manufatti tradizionali. Essa somiglia più ad una produzione industriale che ad un cantiere standard, pur conservando parecchi caratteri “artigianali”, soprattutto nello scambio di conoscenze continuo fra le varie discipline presenti sulla scena produttiva (e mi riferisco ad architettura, design, ingegneria, tecnologia, produzione, materiali, ecc.).

Quello che viene definito mass-customizzation, cioè una produzione mirata a rispondere alle specifiche richieste del progetto, è oggi estesa al campo edilizio, e dei blobject in particolare. Con il ricorso alle tecniche di manufacturing digitale, che si avvalgono, in modo massiccio, di macchine a controllo numerico per la produzione dei componenti dell’edificio, la tecnologia architettonica si avvicina, in modo evidente, alla tecnica di produzione industriale. Per questo i vari elementi dell’edificio, dalla struttura al rivestimento, alle finiture, debbono essere prima “simulati”, e poi effettivamente prodotti, in un ambiente computer aided; che permette al team di progettisti di ottimizzare le fasi di razionalizzazione progettuale e d’efficienza produttiva.

Geometria, forza e materiale giocano un ruolo integrato in una tecnologia produttiva avanzata. Tale integrazione porta a ridefinire il progetto in base alle scelte tecnologiche che vengono via via adottate. Questo è il terzo motore della forma: il sistema di controllo e verifica delle soluzioni tecnologiche in rapporto al menagement del prodotto-edificio.

 

 
 

 

Experience Music Project di Frank O. Gehry (1995-2000)

 

 

 
  Per approfondire

 

Marco Nardini. Francesco De Luca, Dietro le quinte. Tecniche d’avanguardia nella progettazione contemporanea, ed. Testo&Immagine, Torino 2003  

Marco Nardini. Design virtuale. Il digitale nel progetto, ed Mattioli1885, Fidenza (di prossima uscita)

 
     
Marco Nardini (1961) insegna Modellazione presso il Corso di Laurea in Disegno Industriale (Facoltà di Architettura "L. Quaroni", Roma "La Sapienza"). Autore di studi e ricerche sull'applicazione delle tecnologie informatiche e telematiche all'architettura. Ha ottenuto diversi premi in concorsi d'architettura, design e progettazione del paesaggio. Ha realizzato siti web, CD Rom e sistemi informativi per didattica e ricerca. Collabora di Arch&Web (vedi pagina sulla redazione della webzine)

 

 

 
     

 

 

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