La piazza vista dallo scivolo dell’area-giochi
Mi presento: sono una piazza.
Ebbene sì, una piazza.
La grande P su sfondo blu che campeggia davanti al mio ingresso
non vi deve ingannare, quella è solo la testimonianza
del destino che avevano scelto per me, destino che solo in
parte si è avverato.
È vero, forse non rispondo allo stereotipo di piazza
che avete tutti, ma in fondo al giorno d’oggi usare
termini barocchi o medioevali forse non ha più senso…..certo,
non sono proprio uguale alla mia sorella che si trova a poche
centinaia di metri da qui, la mia sorella maggiore.
Lei ha una casa diversa, voi la chiamate Centro Storico, io
la chiamo semplicemente centro città, nucleo originario
dell’abitato del quale io occupo una zona esterna (voi
direste Periferia).
Lei è ben tenuta, l’hanno da poco rifatta in
porfido (ma non ne è troppo contenta, dice che preferiva
il selciato di una volta), i palazzi ai suoi lati sono antichi,
le persone che l’attraversano sono belle, alte, ricche
(o almeno penso che sia così).
E non è la sola, ho saputo che in giro per l’Italia
ce ne sono molte altre, zie e cugine che vivono in città
più o meno grandi da molto tempo a simboleggiare, con
i loro materiali, la loro posizione, le loro simmetrie, un
passato a cui nessun paese vuol rinunciare.
Io invece me ne sto qui, a fianco di una strada abbastanza
trafficata che porta verso le Alpi, lontana da negozi, duomi
o parchi. Intorno a me ho alcune villette, i loro abitanti
non li vedo molto spesso, sempre chiusi in quelle automobili
che al mattino li rapiscono da casa per riportarceli verso
sera.
In principio ero tutta sterrata e quando pioveva ero inavvicinabile,
poi mi hanno dato una bella coperta di asfalto, un materiale
che mi rende molto simile ad una strada ma che permette alle
auto di salirmi comodamente sopra e di sostare per qualche
ora.
Qualcosa però non andava, queste automobili, questi
camion e questi furgoni non riuscivano col rumore dei loro
motori a coprire il senso di vuoto che sentivo dentro me.
Capivo che quello non poteva essere tutto ciò che sapevo
fare, che avevo potenzialità maggiori, che potevo servire
di più, essere finalmente un po’ vissuta da voi.
Sarà per i miei sforzi, perché avete creduto
in me oppure sarà per un semplice caso, a poco a poco
avete iniziato a colonizzarmi, a riempirmi con alcuni vostri
oggetti.
Li avete disposti sui miei lati per ricordarmi che il mio
scopo principale è accogliere le vostre automobili,
ma non fa niente, vi perdono, sono talmente contenta dei regali
che mi avete fatto!
Gli
oggetti che si affacciano verso il centro della piazza
Un canestro, due erano troppi (si vede che a pallacanestro
si gioca così…), con davanti un bel quadrato
di cemento a delimitare il campo.
Uno scivolo, fratello minore di quegli enormi castelli che
stanno nei parchi più grandi, anch’esso pavimentato
con un materiale rossastro (forse è gomma, noto infatti
differenti reazioni tra i bambini che vi cadono sopra e quelli
che cadono sull’asfalto…), il tutto poi recintato
con una bella rete verde per evitare che bambini e automobili
vengano a contatto.
Una panchina e, udite udite, alla sua destra ……
un monumento! Ebbene sì, anche io ho la mia opera d’arte
che, con il suo simbolismo, mi carica finalmente di quei valori
che tanto bramavo.
Un palo giallo con su scritti gli orari dell’autobus,
lungo veicolo blu che ogni tanto fa tappa su di me caricando
e scaricando persone (ma la panchina non poteva essere messa
lì vicino?).
Una serie ordinata di cassonetti per l’immondizia: carta,
vetro, plastica, devo proprio ringraziare la raccolta differenziata
che mi evita l’imbarazzo di avere un solo cassonetto!
E poi ancora una fontana, un campo da bocce (per la verità
è tanto che non gli tagliano le erbacce) e alcuni pannelli
per annunci mortuari, pubblicità e manifesti elettorali.
Visto? Sono o non sono una piazza con la P maiuscola?
Mi piglierete per matta, però provate a pensarci su,
forse sono più piazza io con i miei piccoli oggetti
nati spontaneamente che tante di quelle piazze caricate di
valori in cui ormai non crede più nessuno, incapaci
di adattarsi al mondo attuale per ridivenire luoghi, e non
spazi, importanti per le persone.
Saluzzo – Cuneo – Italia , ore 9.00, giovedì
27 Aprile 2006