point break
di Giacomo Airaldi
"Johnny Utah, agente FBI (K. Reeves), s'infiltra
in una comunità di surfisti della California meridionale
che praticano anche il paracadutismo acrobatico, per identificare
un quartetto di rapinatori che, nascosti da maschere di presidenti
degli USA, assaltano banche a tempo di primato per pagarsi
i due rischiosi giochi di acqua e di aria. Il fascino del
film è nel modo con cui la cinepresa della Bigelow
genera dinamismo invece di limitarsi a registrarlo e traduce
in immagini (in termini spaziali) le ossessioni della lotta
con l'infinito del mare e del cielo."(1)
Eccolo qui il nostro Johnny Utah dell'architettura
piemontese, corpo piccolo e sportivo, spirito simpatico e
ribelle, come un infiltrato si aggira tra le carte patinate
delle riviste e ci mostra case, stabilimenti idustriali e
spazi commerciali come vuole la suddivisione della sua postazione
web. Oramai lo monitariamo da tempo, lo osserviamo saltellare
dalle bellissime pagine e parole di Prestinenza su THE PLAN,
sdoganato all'interno di una cerchia di ottimi architetti
emergenti italiani; fino alle webzine, compresa la nostra
che ne esalta le sperimentazioni
e i dinamismi e mi mi rimandano al film POINT BREK dove
il movimento tra le onde e tra le nuvole è l'elemento
trainante della pellicola. Da Milano ha rotto con le generazioni
dei maestri di area piemontese , allievo di Gabetti se ne
distaccca e vira altrove ed oltre, si sposta sulla fascia
e accomuna due forti filoni compositivi e spaziali che quasi
si negano a vicenda. Da una parte una limpidezza e purezza
di segni nelle case signorili, pulite semplici, eleganti e
bianche, piene di design e grosse aperture, giochi di volumi
semplici che ruotano e si sovrappongano quasi in modo silenziono
e anonimo ma pregnante, in una dimensione paesaggistica del
costruire. Intonaci bianchi, vetro e pietre locali, acquae
riflessi. Dall'altra troviamo uno sperimentalismo delle forme
nei sui edifici commercali e industriali, la sagace stazione
di servizio GASOLINE dove la riconoscibilità e fatta
da una comunicazione spinta, da un'architettura che si piega
su se stessa formando un nastro continuo pavimento, muro solaio,
molto simile alle sperimentazioni di dille+scofidio e hadid.
Come la fabbrica IRRIDIUM DOOR INDUSTRY o la ALI di Milano,
oppure i CONI ROVESCI dove con accenti quasi forzatamente
pop lo spazio è fluido senza la rigida gerarchizzazione
a piani in nome di una spazialità più dinamica.
Due filoni di riverca contrapposti, a volte stridenti, che
sembrano non destabilizzare il progettista, che convivono
e si alimentano a vicenda. Un surfista dello spazio con "l'ossesione
della lotta con linfinito del mare e del cielo" aggiungo
io delle montagne del cuneese che anticipano le grandi
vette delle alpi, che si stagliano innevate sullo sfondo di
un laboratorio attento e fecondo. Ecco un'altra ottima realizzazione
di DAMILANO STUDIO, una casa bolognese raccontata dalla poesia
vibrante di Brunetto De Batté.
(1) Il Morandini, Zanichelli editore
una villa bolognese
di Brunetto De Batté
ora giusta come oggi
entrare in una bella casa
una casa che trattiene straordinarie intersezioni
sguardi che si intrecciano
tra vari ambiti
riflessi che riguardano e rimandano altrove
una bella casa disegnata che si dissolve in un abitare nel
moderno
un moderno classico
un disegno attento e sapiente
fatto di piccole frequenze che vivi come in scena
qui il quotidiano assume il rito, ritrova il tempio dell'identità
così per chi abita superare la soglia
sa di appartenere a quello spazio che gli appartiene
..........
poi scende la notte
tutto si rabbuia
ma le luci
arrancano ancora un giorno
invertono il gioco delle conoscenze
amplificano quel senso di presenza
un buon posto dove stare
silente
un recinto magico per vivere
un senso di libera stanzialità
il cielo entra in casa
tutto il fuori è dentro
solo pochi rifugi a nicchia
tutto è intorno
proiezioni di sogni di un abitare
di un disvelarsi
sottili giochi compositivi
tracciano
la casa che si presenta