DUE ARCHITETTI ITALIANI !?
Prometto :cerchèro di essere imparziale! Premetto:
Gli architetti intervistati in quaesta pagina sono entrambi
architetti italiani, uno è immigrato o fuggito dall'italia
quasi per caso e si è stabilito a Barcellona, l'altro
dopo una breve se pur intensa esperienza in un grosso studio
di architettura decide di fare l'architetto free lance in
provincia. Uno, il primo, Federico Calabrese,
lo ho conosciuto con i mezzi di comunicazione digitali, ho
visto un suo progetto (interessantissimo a mio avviso, che
mostriamo in queste pagine) gli ho scritto una mail, abbiamo
iniziato a dialogare ed è nata questa intervista. L'altro,
Mario Clemente Rossi, lo vedo tutti i giorni
(in carne e ossa) perchè da circa tre anni collaboro
nel suo studio, è una persona interessante, particolare,
lavorare con lui mi da moltissimo mi ha fatto ritornare a
far pensare che posso ancora fare l'architetto (senzadover
emigrare in francia o in portogallo o in spagna) come voglio
io,come intendiamo noi, mi stimola, mi insegna, cresciamo
insieme, non presenterò un suo/nostro progetto ma lo
faremo prestissimo perchè ci sono in porto due edifici
che si stanno concretizzando e che promettono bene, pubblichiamo
solo il suo pensiero in contrapposizione a quello di Calabrese
quasi antitetico quasi simmetrico..o forse parallelo! Naturalmente
il tutto sarà intervallato da mie considerazioni cercando
come premesso di mantenere una promessa... essere imparziale.
FEDERICO CALABRESE VS MARIO CLEMENTE
ROSSI
CARTA DI IDENTITA
Nome: Federico Calabrese
Anni: 33
luogo di nascita: Napoli
luogo di residenza: Barcellona
studi:Facolta’ di Architettura di Napoli “Federico
II”
Nome: Mario Clemente Rossi
Anni: 37
luogo di nascita: Genova
luogo di residenza: Cervo (Liguria)
studi:Facolta’ di Architettura di Genova (il resto,
per fortuna, autodidatta)
[g.airaldi] DOMANDA:da quanti anni vivi
a bcn?
[f.calabrese] RISPOSTA: da 4 anni e un po.
[g.airaldi] DOMANDA:Da quanti anni hai deciso
di stare in liguria?
[m.c.rossi] RISPOSTA: Non so se la mia sia
stata una decisione definitiva, ma credo che la “scelta”
sia avvenuta circa dieci anni fa.
[g.airaldi] DOMANDA:sei andato via perche’?
[f.calabrese] RISPOSTA:La mia ragazza di
allora vive a barcellona.
[g.airaldi] DOMANDA:Sei rimasto in italia
perche è perche in provincia?
[m.c.rossi] RISPOSTA: Non mi sono mai posto
concretamente il problema del dove stare; credo che il senso
della provvisorietà contraddistingua il mio stato d’animo.
Sono rimasto in italia più che per altro per due cause,
una contingente ed una recondita: la ragazza di allora voleve
vivere in questa zona, mentre io credevo e credo ancora che
questo mestiere sia “adattabile” a qualunque luogo,
sebbene debba potersi radicare per un certo tempo per poter
conquistare la credibilità dei committenti.
[g.airaldi] CONSIDERAZIONE:Si evince che
le donne degli architetti sono parte in causa dello loro scelte
professionali (più o meno):-))
[g.airaldi] DOMANDA:Pensi che un’esperienza
all’estero poteva essere utile e se si perchè?
[m.c.rossi] RISPOSTA: Non credo che all’estero
esistano realtà od occasioni più importanti;
forse esistono realtà semplicemente diverse. Credo
che in un paese le esperienze si colgano anche senza guardare
oltre i propri confini, la curiosità nelle cose è
stimolata appena si esce dalla doccia al mattino, e la sperimentazione
non ha bisogno necessariamente di humus straniero. Alcuni
tra i paesi meno all’avanguardia industriale e culturale
dimostrano in maniera egregia di accogliere idee di architetti
altrettanto bene di quanto succeda in paesi molto più
in linea con l’evoluzione: l’esempio dell’architettura
contemporanea in Cile lo dimostra.
Dal punto di vista universitario la situazione che conosco
meglio, quella della Facoltà di Genova, è desolante.
Credo che sia endemico ed inguaribile il male della clientela,
del nepotismo e della povertà di idee celata dietro
al solito puerile intellettualismo di comodo.
Mi dispiace dover dire questo, anche perchè proprio
in quell’ambito collaboro da dieci anni con alcuni docenti
che, nonostante il loro talento e nonostante siano pochi tra
i pochi insegnanti che abbiano esercitato concretamente il
mestiere dell’architetto, sono in disparte rispetto
al potere centralizzato di alcune caste intoccabili.
Il gioco delle cattedre a “risiko” e dei dottorati
assegnati ai “figli di..” “fratelli di..”
ed ai “galoppini di..” completa il quadro, lasciando
solo spazio fresco ai cortigiani di turno.
Credo con convinzione che la mia collaborazione in Facoltà
sia mossa da una volontà di arricchimento personale
ottenuto con il paziente lavoro con i ragazzi e con il docente.
[g.airaldi] DOMANDA:L' esperienza foramtiva
napoletana che ti ha lasciato?
[f.calabrese] RISPOSTA: fare l’universita’
di architettura in italia e’ una esperienza a dir poco
allucinante. La qualita’ delle strutture e’ pessima
e il corpo docente e’ la causa principale del basso
livello della nostra architettura, fatte tutte le dovute eccezioni.
Uno studente del terzo anno di architettura spagnolo, ha una
preparazione molto superiore rispetto a qualsiasi laureato
anche da qualche anno italiano, l’ho vissuto sulla mia
pelle. Il 70% dei docenti dell’area progettuale della
facolta’ di napoli, non hanno mai tirato su un muro
in vita loro, o quasi, saranno pure stati sfigati, come dicono
loro, ma a me sembra assurdo.
[g.airaldi] CONSIDERAZIONE:Entrambi sono
d'accordo nell'affermare la situazione disatrosa dell'università
italiana, personalmente pur condividendo il fatto che i docenti
di area progettuale non hanno spesso mai progettato e il discorso
sul nepotismo, sarei molto più cauto, non occorre forse
generalizzare o forseoccorre riflettere su questo.Un'univerità
che sforna più laureati architetti che quelli presenti
ad esempio negli stati uniti deve riflettere su una questione.
Saranno tutti ottimi architetti oppure per molti è
solo il prestigio di avere un pezzo di carta di pegamena filigranata?
Il mercato, le capacità personali, la cultura e le
occasioni fanno il vero architetto, all'università
prima e nella professione poi. Personalmente non voglio sputare
sul piatto in cui ho mangiato, non voglio criticare un sistema
come quello della formazione accademica italiana, voglio soffermarmi
sul fatto che l'università ci da (almeno a me lo ha
dato) ottimi mezzi INPUT per approfondire le conoscenze che
forse senza lo stimolo rimarrebbero inesplorate. Solo un esempio,
come è possibile che uno studente del quinto anno di
architettura non sfogli almeno una rivista al mese? Impossibile
direte Voi, assolutamente no, mi capita quasi quotidianamente
trovare studenti e ancor più gravemente architetti
che non conoscono una rivista e che non sanno chi è
tizio o caio e pretendono di progettare, allora fermiamoci
un attimo criticate pure l'università e gli accademici
ma i deleritti degli studenti vogliamo assolverli? Capacità,
attitudini, curiosità personali sono a mio avviso la
vera chiave di lettura, Baronetti e sistema accademico lasciamoli
in pace per una volta, devono risolvere gia molti problemi,
interni al sistema,guardiamoci noi, guardiamo quello che NOI
giovani possiamo fare.NON vediamo la laurea come un traguardo
ma solo come un trampolino per la nostra vita per la nostra
passione o per il nostro lavoro. il resto credetemi viene
da se, fatele discutere a loro, ai massimi sistemi politici
e accademici. Pensiamo a noi...per adesso!!!
[g.airaldi] DOMANDA:Cosa ti ha lasciato l’esperienza
lavorativa in un grosso studio? (RPBW ndr)
[m.c.rossi] RISPOSTA: In quello studio ci
sono stato per un breve e strano periodo della mia vita. Quella
esperienza mi ha lasciato il bel ricordo di aver “visto”
come si lavora in uno studio grande ad un progetto grande,
di come si vive lo star system da dentro, ma soprattutto mi
ha lasciato emozioni che, grazie agli occhi di quel giovane
neo-ex studente che ero allora, mi hanno fatto apparire quella
esperienza estrememente esaltante. Ora, con maggiore distacco
da quel periodo, quello che meglio ricordo è la meravigliosa
ascesa all’interno della cabinetta trasparente che conduce
al laboratorio, all’interno della quale l’elevarsi
verso lo Studio aveva più di un significato motivante.
Ricordo anche una sensazione curiosa: l’evento vero
per cui si doveva lavorare sodo non era la consegna al committente,
bensì la revisione periodica (e sicuramente densa)
che ”renzo” elargiva benevolmente ai suoi sudditi,
evento estremamente terrorizzante ed appagante.
[f.calabrese] RISPOSTA: da Vulcanicaarchitettura
ho imparato che in architettura bisogna anche rischiare e
provocare, Massimo Pica Ciamarra mi ha dato la possibilita’
di fare l’architetto, e questo “ya vale”
come dicono in Spagna.
[g.airaldi] DOMANDA:Cosa ti ha dato l'esperienza
lavorativa in spagna?
[f.calabrese] RISPOSTA: la mia giornata
lavorativa si divide iniquamente tra lo studio dove collaboro
oramai da tre anni quasi, in un ambiente di lavoro che auguro
a tutti di trovare nella vita, e tra il “mio studio”
piu’ o meno itinerante, tra casa e spazi da condividere
con altri professionisti.
[g.airaldi] CONSIDERAZIONE:Come non capirlo,
io mi divido iniquamente tra il mio studio e lo studio di
rossi, è interessante e snervante allo stesso tempo
la cosa, stimolante ...peccato che la giornata lavorativa
sia solo fatta di 16 ore ( la mia!) C'è invece chi
vuole lavorare otto ore e progettare....mi viene da ridere...io
dopo una giornata di lavoro vado nel mio letto e sul comodino
oltre alla mia tisana trovo una rivista. occorre essere architetti
dentro, camminando, leggendo, muovendosi, andando in moto...non
solo e semplicemente progettando!Come diceva uno dei miei
insegnati preferiti Enrico Davide Bona, a quel tempo lui ci
faceva fare i consorsi internazionali di idee non il progettino
accademico sotto casa, lui ci faceva fare l'orale per gli
esami di progettazione e io mi trovai davanti un rampane futuro
membro dei 5+! che mi diede molto e mi disse mettendomi davanti
la pianta del padiglione di barcellona di mies Cosa è
questa? parlamene? e poi Lui ci faceva fare le revisioni pubblica
davanti a tutti non in uno studiolo buio, in cui i tuoi compagni
ridevano di te, gli assistenti che non ti avevano seguito
per avvalorare la supremazia dei loro studenti, ti facevano
domande imbarazzanti...del tipo che bella quella scala da
otto gradini per superare sei metri...ecc ecc. Queste cose
non sono successe solo a me e non mi ritengo particolarmente
fortunato ad averle vissute, è il sistema accademico
italiano, complesso, problematico...ma sistema!!
[g.airaldi] DOMANDA:Quali sono le potenzialità
o le occasioni che ti offre la tua terra di origine e la profonda
provincia italiana? Differenze e similitudini.
[m.c.rossi] RISPOSTA: Secondo me le potenzialità
non dipendono dal luogo in cui si vive, ma da come si vive
quel luogo e da come si sfruttano le proprie capacità.
Qui nell’estremità della Liguria non bisogna
interpretare la condizione di provincia in virtù del
“distacco” dalla città, bensì credo
che bisogni sentirsi come in “avanscoperta” da
essa stessa. Credo che la provincia offra, a chi la sa cogliere,
l’occasione di interpretare il ruolo della “sentinella”
dell’architettura contro le invasioni del quotidiano,
della rassegnazione a vantaggio della mancanza di ambizione
e dell’appiattimento alla “tradizione” dilagante
permeata nelle menti degli architetti che sempre più
sono ridotti al ruolo dell’”architetto condotto”
dalla pigra committenza locale. La città quindi è
più che altrove presente, soprattutto se adottata come
riferimento culturale e se è veramente usata come risorsa.
Credo che vivendo la provincia da city-user si possono scoprire
ed utilizzare molte più risorse ed occasioni di quante
esistano nella città stessa, ed è proprio nelle
occasioni concrete che si verificano le idee progettuali,
le misure espressive, le capacità realizzative. In
fondo sappiamo bene che un bel progetto stampato è
una bella canzone cantata agli amici.
Un edificio eseguito è un album.
[g.airaldi] DOMANDA:differenze e similitudini?
[f.calabrese] RISPOSTA:sara’ banale
quello che sto per dire pero’ e’ cosi, in Spagna
l’architetto e’ un professionista rispettato come
un avvocato come un medico.
Purtroppo anche in Spagna c’e’ la síndrome
da star sistem, quindi Nouvel, Chipperfield, Koholaas, Herzog
e soci in quantita’ industriale, pero’ qui ti
rispettano, hai fatto la tua bella universita’, seria
e ben fatta con una tesi che noi ce la sognamo, (qui ti bocciano
alla tesi), non devi fare nessun esame-truffa di stato, sei
semplicemente un architetto professionista, e ti considerano
tale, anche a 28 anni. Gli Ordini funzionano, promuovono i
giovani architetti in maniera seria. Ci sono molti piu’
concorsi che in Italia, ma molti di piu’, molti dei
quali riservati ai giovani. In Italia sei giovane architetto
a partire dai 40, cosi mi pare, visti i vari almanacchi e
libercoli sulla giovane architettura italiana (da brividi).
Qui ti puo’ tranquillamente capitare di fare un concorso,
anche di un certo rilievo, vincerlo, prendere il premio, firmare
il contratto e poi costruirlo, a 28-30 anni, qui ti danno
la possibilita’ di farlo. In Italia, con le dovute eccezionali
eccezioni,NO. Per questo un architetto in Italia e’
giovane a 40-45 anni, per questo molti dei docenti che ho
avuto alla facolta’ di architettura, non sono capaci
di insegnare a progettare, perche’ sono troppo giovani.Credo
che in Italia si contino sulla punta delle dita di una sola
mano, casi in cui un architetto giovane, tipo di 30 anni,
vince un concorso, e lo costruisce. Noto con piacere che in
italia adesso si fanno molti concorsi ristretti, chiaramente
per promuovere la giovane architettura italiana di cui sopra,
Un tempo si parlava di stagione di concorsi “aperti”,come
quella francese di qualche anno fa, dove realmente tentarono
di promuovere i giovani architetti, pero poi qualcosa e’
cambiato, qualcuno si e’ accorto che succedeva che cosi’
l’eta’ del giovane architetto italiano si allontanava
dai 40 pericolosamente verso i 50, e qualcuno si e’
inventato che per migliorare la qualit’a della architetturaitaliana
bisognava restingere, limitare, e invitare a concorrere, sempre
gli stessi architetti,una noia tremenda, con dei risultati
per niente esaltanti.
[g.airaldi] CONSIDERAZIONE:Ora rilegete
attentamente le affermazioni di Calabrese, proprio per questo
al contrario di Rossi, se non lo ho interpretato male, oltre
alle attitudini e alla curiosità per fare l'architetto
con la A maiuscola indipendentemente dal luogo in cui lo si
fa, sono convinto che un'esperienza all'estero e in realtà
diverse sia basilare oggi per un giovane architetto, non tanto
e non soltanto per allungare il periodo formativo o farsi
una bella vacanza estera(vogliamo parlare del successo del
fenomeno ERASMUS? ) ma perchè il conoscere realtà
nuove, metodi e mezzi nuovi, stimola la crescita individuale,
fa evolvere migliorandosi....guardare oltre i confini, mettersi
in discussione
[g.airaldi] DOMANDA:progetti per il futuro?
[f.calabrese] RISPOSTA:mi piacerebbe tornare
in italia, e a napoli in particolare, tutto quel magma che
c’e nel suo ventre prima o poi esplodera’, e vorrei
esserci.
[m.c.rossi] RISPOSTA: Lottare, comprare un
aquilone, progettare, cambiare la moto, lottare, andare a
vedere la Biennale, acquistare l’acquerello blu oltremare
che ho finito, finire una scultura, lottare, imparare a suonare
la batteria, lottare, progettare, vedere gli amici, parlare,
lottare, lavorare, andare dal dentista, costruire, lottare.
Lottare. Nonostante le avversità.
E poi, ancora, voglio continuare a nutrirmi e commuovermi
di architettura, crederci ancora, imparare, migliorare, lottare.
Per un architetto è semplice: basta vivere.
[g.airaldi] CONSIDERAZIONE: Ora capirete
perchè quando Rossi mi ha offerto di collaborare con
lui, io ho detto si, mi stimola è quasi pazzo e audace
quanto me, è quel tanto bizzarro (e si vede) da aprirsi
uno studio in balia di qualsiasi esperienza consolidata in
uno studio di architettura più o meno affermato e affrontare
il mercato senza che questo sia necessariamente di famiglia,
è quel tanto curioso da fargli esplorare nuove rotte
ogni giorno, e quel tanto italiano e provinciale da farlo
attaccare in maniera maniacale ad alcune sue convinzioni più
o meno importanti e portarle avanti.Ma che male c'è?
Uno ha un'idea di architettura e la persegue. E stato quel
tanto importante per me da riaccendere la passione per l'architettura
che credevo di aver dimenticato dopo alcune esperienze negative
passate, è un amico, è uno sulla mia stessa
lunghezza d'onda. Si ok avete ragione ora sono di parte, mi
perdonerete? e mi perdonerà Calabrese ? Lui in terra
iberica ha avuto o si è saputo coltivare importanti
occasioni e l'edificio che presentiamo ne è la dimostrazione.
Noi qui lo aspettiamo perchè l'italia ha bisogno di
queste persone che ritornano in patria.Con un bagaglio pieno
di cose realizzate, per aiutarci a lottare con soprintendenze,
comuni e condotti, perchè esiste anche chi in italia
dopo una lauarea in architettura non trova di meglio da fare
che bocciare i progetti degli altri, dei suoi compagni di
università che ci hanno messo una vita a laurearsi
perchè volevano progettare...burocratia cui dobbiamo
dire il nostro GRAZIE perchè anche grazie a loro lottiamo
sempre più stringendo i denti e pensando che abbiamo
tra le mani il lavoro più bello del mondo, scusateci
se ci concediamo il lusso di progettare per più di
otto ore al giorno!
p.s Complimenti a Calabrese per l'ottima realizzazione, complimenti
a Rossi perchè con un nome cosi importante per l'architettura
italiana vuole dimostraci che sa andare oltre alla sterile
visione rossiana, sa colto dall'interesse dalla passione aprirsi
a stimoli nuovi e internazionali. ci prova, ci crede cabarbiamente....