Noi costruiamo i nostri strumenti e loro costruiscono noi

 
Riflessioni sulle e-tecnologie  l'ambiente e la città scrivi all'autore
  di Marco Nardini

 

 

 

4 ottobre 1957: lo Sputnik in orbita intorno alla Terra

 

 

 

La crescente importanza del cyber-spazio nelle discipline della progettazione offre uno spaccato interessante dei mutamenti culturali in atto. Nell'età post-moderna il nuovo concetto di spazio È fortemente connesso alle reti di comunicazione. In Canada, e a Toronto in particolare, vi è un vero e proprio punto d'incontro della cultura di questa trasformazione. L'intersezione con un retroterra culturale molto sensibile all'innovazione ha fatto si che qui si creasse un fuoco d'interesse sulla riflessione riguardo alle e-tecnologie. Si potrebbe affermare che Toronto ha la comunicazione nel suo DNA.

FRONTE DEL PORTO

Toronto si estende come una striscia lungo il lago Ontario (grande come un mare), un sistema d'acqua arriva fino all'oceano Atlantico. In inverno il gelo attanaglia grattacieli, parchi e suburbs di piccoli cottage. Il vento, dalle pianure ghiacciate del nordovest soffia violentemente lungo Yonge Street. Il suo flusso si spezza sull'Harbourfront, il fronte del porto: quartiere portuale trasformato e recuperato negli ultimi anni, con la vecchia centrale elettrica adattata a galleria d'arte ma che ancora conserva tutte le memorie di quando Toronto era principalmente un porto. L'edificio del Canada Life Building osserva il tempo, mostrando con il suo faro le previsioni per la giornata. Poi sulla Gardiner Expressway, una delle autostrade più trafficate d'America, una lenta corsa verso i suburbs e verso le scogliere calcaree a picco sul lago. Toronto la città-porto e in nodo ferroviario, con i suoi macchinari di progresso che ne hanno fatto la città di oggi resi pezzi da museo. La metropoli costruita con arte secondo un criterio razionale di comunicazione.

 

LA CITTA' COME STATO MENTALE

Sono d'accordo con Robert Park (1) quando afferma che: "la città è uno stato mentale", che in altre parole vuol dire: i molti significati di una città dipendono dal contesto sociale, culturale ed economico, tuttavia la città è sempre "the real thing". Persino la sua suddivisione è comunque un ambiente in qualche modo omogeneo. I quartieri ricchi e quelli poveri, il nucleo storico divenuto poi una sorta di Greenwich Village, Little Italy, il quatiere ebreo e quello irlandese; ogni divisione razionale si stempera nella continuità dell'ambiente urbano. I confini veri sono verso l'esterno, verso le pianure coltivate del sud-ovest, o gli altopiani frastagliati della Georgian Bay, dipinti nei quadri del Group of Seven.

 

CARATTERE DUALE

É utile descrivere questo carattere duale della città che chiarisce cosa oggi si possa definire come "milieu" urbano contemporaneo. Autori come Saskia Sassen (2) hanno definito il carattere della regione metropolitana contemporanea come la tendenza che spinge la città verso uno sviluppo simultaneo di capitale e di cultura. In questo senso il concetto di urbano si collega alla creatività e può essere concepito tanto come luogo prioritario di produzione culturale, quanto come fattore di costruzione dell'identità individuale. Una città che può quindi essere considerata come paesaggio psicologico e sociale che produce e riflette la contemporaneità. Città come lavoro creativo, in ultima analisi, secondo Donal Olsen (3).

 

 

COMUNITA' DIGITALE

Come afferma John Berry (4) bisogna mettere in luce due punti fondamentali che producono una coesistenza armonica: l'identità e la comunicazione. L'associazione dell'elettricità e del linguaggio nel più piccolo elemento della complessità, il digitale, è un primo segnale del nuovo scenario urbano: la connessione continua alla ricerca di un significato per lo spazio collettivo che trasmigra nel cyber-spazio. Secondo Derrick De Kerkove (5) la sfida del futuro è creare e sostenere l'immagine storica ed estetica della città nel contesto globale, attraverso i network del cyber-spazio. Egli spiega:

"...I Global Village Square...Consideriamo uno spazio pubblico coperto nella città dove vivi. A Toronto ho immaginato quello dell'Eaton Mall o il BCE di Santiago Calatrava ma un esempio migliore può essere la Galleria presso il Duomo, a Milano. Sarebbe piuttosto semplice e sostanzialmente poco costoso per Telecom Italia e Bell Canada istallare una mezza dozzina di grandi monitor...Su ogni schermo un sistema di videocenferenza potrebbe portare, in tempo reale, le immagini d’altri Global Village Square in tutto il mondo. Quando qualcuno arriva nell'area designata per la connessione è in grado non solo di vedere gli altri, a grandezza naturale come nello spazio reale della strada, ma può anche sentire il rumore che proviene dall'altra parte. Quello che immagino È una finestra permanente tra città che si trovano ai due lati dell'oceano. E' fondamentale che, nonostante gli apparenti alti costi, lo spazio cosÏ creato sia aperto permanentemente. I GVS sarebbero basati sullo spazio elettronico, non fisico, ma sarebbe come la presenza dell'elettricità nella città che oggi per noi è normale e, in qualche modo, naturale...Questo tipo di struttura potrebbe essere necessaria in futuro per creare e mantenere la pace e la civiltà in una dimensione globale. Il GVS È una struttura completamente pubblica. L'importante effetto di socializzazione potrebbe coinvolgere paesi e popolazioni che, per ragioni politiche, economiche e sociali, potrebbero non sentirsi parte della comunità globale".

 

ECOLOGIA DEL CYBER-SPAZIO

Come afferma Derrick de Kerkove le questioni più importanti riguardano il ruolo della comunicazione e i suoi benefici nella società contemporanea. Quando si parla di ecologia della comunicazione si collega il principio etico centrale della libertà individuale alla questione dell'accesso al cyber-spazio. Oggi questo principio ha bisogno  di un'ampia libertà d'accesso alle tecnologie dell'informazione per essere realizzato. Come osserva Crawford Brough Macpherson (6): "Per preservare la parte positiva della tradizione liberale dai pericoli del libero mercato bisogna tenere seriamente in conto la questione dell'alienazione nella nostra società ed usare questa questione come base per una riforma sistematica delle istituzioni liberali e democratiche".

Thomas Jefferson (7) affermava che la democrazia è desiderabile, e possibile, in una società in cui la gente possiede, o può possedere, una certa quantità di proprietà produttive, sufficienti a garantire la propria indipendenza ed il rispetto delle leggi. Passando dall'ambiente geografico a quello del cibernetico la libertà, per essere reale, dovrebbe essere regolata anche nell'ambito immateriale. Sotto la spinta dei flussi elettronici il capitalismo industriale si trasforma in capitalismo culturale, definendo dei nuovi schemi sociali oltre che nuovi sistemi economici. Uno degli effetti più significativi di questo cambiamento è l'avvicinamento tra i concetti di cultura ed di ecologia.

Crawford Brough Macpherson è stata la figura più conosciuta nell'ambito degli studi politici, in Canada. E' stata sua la scoperta che una forma di società genuinamente democratica ha un proprio fondamento nella nuova visione sociale della biosfera e nella sua protezione. L'integrazione del concetto di rispetto dell'ambiente nell'esercizio della proprietà privata sembra essere fondamentale per creare e sviluppare un nuovo concetto di diritto: il diritto all'ambiente. In altre parole i diritti ambientali possono essere considerati una forma di diritto di proprietà, finalizzati alla qualità della vita. Come Macpherson  spesso ripeteva, questi diritti erano già presenti prima della rivoluzione industriale, e fornivano un'alternativa di accesso allo sviluppo. Infatti, attualmente, la libertà individuale non è data solamente dal possesso di beni ma comprende la possibilità di creare e realizzare valori condivisi, ai quali ispirare la propria vita. Lo sviluppo della cultura può essere realizzato solo attraverso uno sviluppo sociale.

I media della comunicazione possono realizzare questi obiettivi attraverso il cyber-spazio. Per tale ragione si parla d’ecologia riguardo al cyber-spazio, intendendo con questo termine un rapporto equilibrato tra economia e cultura, che rispetti le differenze biologiche e culturali degli ambienti e delle comunità locali. In un tale approccio c'è sia l'idea profondamente democratica della relazione tra l'uomo e la biosfera, sia la riflessione sulla tecnologia come "plasmatrice" dell'intima natura umana. Il problema riguardante la nostra azione nel mondo È stato spesso considerato come la relazione tra concetti opposti come quelli di uomo e natura. Tuttavia le conseguenze dello sviluppo, in senso positivo o negativo, sono determinate dall'innovazione tecnologica. Per evolvere questa ipotesi È necessario un nuovo, e pragmatico, rispetto  dei valori della vita in una dimensione etica del pianeta, globale ed olistica, dove "...tutti hanno il diritto di auto-realizzarsi...".

 

RITORNO AL PAESAGGIO

Alla fine del XIX secolo gli artisti canadesi più famosi erano i paesaggisti. Nel 1920 un gruppo di essi: Franklin Carmichael, Lawren Harris, A. Y. Jackson, Franz H. Johnston, Arthur Lismer, J. E. H. MacDonald, e F. Horsman Varley formÚ il Group of Seven, dedicato a dipingere il paesaggio canadese. "....Viaggiando e lavorando in tutto il territorio e facevano molto per svegliare l'interesse generale del paese. Il loro approccio enfatizzava le grandi distese,  fortemente colorate con uno stile da poster...". Il centro culturale dei Seven era Toronto. Essi dipingevano per registrare un paesaggio locale con uno spirito analitico. Avvertendo che, in poco tempo, questo territorio incontaminato avrebbe perduto quella sua caratteristica primordiale. L'idea di catturare il coraggio e l'asprezza di un paesaggio naturale che andava scomparendo era una missione di conoscenza. I Seven passavano lunghi periodi nei territori selvaggi del nord dell'Ontario, utilizzando un vecchio vagone dell'Algoma Central Railway come alloggio per i pittori, che era trasportato nelle regioni più remote da treni merci. Tale precarietà, tale nomadismo esistenziale è ben distinto dalla necessità di radicamento domestico nella natura. La grande casa di Dio, la natura, è un luogo dove l'uomo non può, e non deve, installarsi. Egli è come un ospite e le tracce del suo passaggio debbono essere decidue e temporanee, come il vagone del treno.

 

GARRISON MENTALITY

E' una sensibilità tutta canadese questa per il paesaggio: un'abilità a fare emergere l'anima primitiva del paesaggio: quella che Northrop Frye (8) chiama la "garrison mentality", la mentalità di guarnigione; tipicamente canadese. Si tratta di un senso dell'abitare dell'uomo nello spazio che sembra avere forti connessioni con l'elemento del confine e con l'interfaccia tra se stessi e gli altri. La si può definire una particolare attitudine a comunicare con la natura attraverso una profonda consapevolezza dei limiti. Non si tratta solo della creazione di un habitat confortevole e protettivo ma di una costruzione espressamente tecnologica dell'ambiente. Non è uno spazio della comodità ma un luogo confinato, "aggressivamente" difensivo, che costruisce un limite. Non è li per incontrare ma per contenere la natura. Questa “risposta” canadese all’ambiente è una sorta di passo indietro dal "caos di una natura indifferente".

Come scrive George Grant (9) "...Quando andiamo in montagna abbiamo la sensazione che gli dei siano la. Ma anche se ci fossero essi non potrebbero manifestarsi...C’è solo l'ambiente come oggetto...". Vi è, in parte, un'idea di sentirsi assediati dalla natura, cosa che giustifica uno sviluppo della città come dispositivo tecnologico e come razionalità strumentale. Essa diventa il luogo dove la comunicazione scorre per materializzarsi come oggetto fisico in edifici, parchi e trasporti. E' chiara la necessità di conferire ai siti un particolare significato operando con rituali ma anche ricorrendo ad un ampio ventaglio di strumenti (11).

 

TEMPLI DELLA COMUNICAZIONE

Robert Gagen ha catturato lo spirito della città canadese nel dipinto "Temples of Commerce" (1914). In questo dipinto egli ritrae gli edifici alti (i grattacieli), che rappresentano la nuova frontiera della tecnologia della costruzione, come i simboli della concentrazione del capitale. Egli rappresenta l'origine della città del XX secolo e un elemento che è tuttora presente. Per esempio si può citare la distruzione della foresta vergine in tutto il Nord America (nel XVIII secolo) anche in nome della città "...il caotico e insalubre luogo che contiene le speranze e le incertezze dell'uomo...". Questo traspare dal dipinto di Gagen. Egli chiama "Templi del Commercio" i bianchi giganti che incombono sulle piccole case scure. Sono i "templari" del commercio ma anche della comunicazione 8potremmo aggiungere oggi); anche se i due termini potrebbero sembrarci, in questo momento storico, dei semplici sinonimi. Sembra allora molto appropriato descrivere Toronto come una metropoli che incorpora la comunicazione nel suo DNA. La città nella quale dal nucleo settecentesco di York si È passati, nell'800, a Toronto che ha già nel suo nome un destino di incontro (Toronto nel linguaggio dei nativi significa luogo d'incontro) e che negli anni '20, con il grande flusso migratorio ha cominciato a diventare metropoli.

 

IMPERATIVO TECNOLOGICO

"...I prodotti della tecnologia non sono solo macchine o strumenti ben definiti: la tecnologia produce sempre di più sistemi molto estesi, sparsi nello spazio, che non hanno confini precisi, che in molti casi sono evolutivi e interconessi con altri sistemi, sia naturali che artificiali..."(12). Anche la città può essere considerata come una tecnologia: una tecnologia per abitare. La conseguenza di ciò e che la tecnologia risulta molto più che un'applicazione pratica della scienza. Diventa una sorta di dominazione della natura, provocando dipendenza e deformazione della percezione della realtà. Quest’ambiguità della percezione potrebbe diventare una forma di controllo dell'immaginario, in un modo più intrusivo che nel passato. La rappresentazione immateriale del mondo, vale a dire la percezione del mondo attuale, può trascinare le nostre certezze in una crisi profonda. Per questo nella cultura dell'habitat non si può evitare di tener presente l'influenza dei media ed il loro controllo sulla conoscenza.

 

PRAGMATISMO CANADESE

Credo che il problema del rapporto tra habitat urbano e tecnologia sia in primo luogo un problema di cultura attraverso cui si osserva la città. Jane Jacobs (13) in "The Death and Life of Great American Cities" descrive come le città soffrano di una visione anti-urbana dovuta alla romanticizzazione di una vita più rurale. Per questa ragione le comunità più vitali sono spesso smembrate semplicemente perchÈ sembrano troppo affollate, alcuni quartieri restano isolati e parchi e spazi pubblici sono costruiti senza riguardo per l'ambiente circostante.

Seguendo quest'analisi alcuni spunti di riflessione importanti per la città contemporanea sono:

-la tendenza verso il locale e, nello stesso tempo, per il sovranazionale e il globale.

-la difficoltà di rendere sostenibile la grande dimensione;

-la relazione con l'habitat dove si vive;

-l'emergenza sempre più forte della questione ecologica;

-l'applicazione urgente di modelli adattabili, trasformabili e rinnovabili;

-il concetto di città policentrica che si collega a quello di comunità;

In questo nuovo modo di vedere la città c'è uno sforzo di ridefinire alcune questioni molto importanti riguardo all'abitare. Andando oltre la rigida stratificazione dei quartieri, consentendo condizioni che permettano di vivere e lavorare nello stesso luogo, sottolineando che piccolo è meglio, che lo spazio pubblico deve essere progettato e curato con molta attenzione, che le automobili non devono dominare la città.

Una delle grandi intuizioni di alcuni pensatori canadesi è che la città costituisce un'impresa collettiva nella quale si può affermare una concezione fondata sul comportamento, in senso pragmatico. Può essere utile approfondire questo concetto. Oggi la progettazione si gioca sui nuovi terreni di connessione delle reti e sul salto di scala dovuto alle comunicazioni. La progettazione riguarda sempre di più un nuovo approccio ai problemi e a inedite relazioni tra architettura, tecnologia e ambiente. Un'idea d’info-tecnologie come tecnologie soft che riguarda direttamente la loro impronta ambientale e che richiede un approccio ampio ai problemi; come l'ha descritto Marshal McLuhan (14):

"...Probabilmente la più grande rivoluzione informativa È accaduta il 4 ottobre 1957, quando lo Sputnik ha creato un nuovo ambiente per il pianeta. Per la prima volta il mondo naturale è stato completamente inviluppato in un contenitore creato dall'uomo. Nel momento in cui la Terra si trovava all'interno di questo nuovo artefatto, la Natura è finita ed È nata l'Ecologia. Pensare ecologicamente È diventato inevitabile da quando il pianeta ha assunto lo status di opera d'arte".

 

(Questo saggio deriva da uno studio da me svolto nell'ambito del Faculty Research Program dell'International Council for Canadian Studies, nell'anno 2002).

 

NOTE

 

(1). Robert Park, Ernest W. Burgess (eds.), The City: Suggestions for the Investigation of Human Behavior in the Urban Environment, The University of Chicago Press, 1984

(2). Saskia Sassen, Global Cities. London, Tokyo, New York, Princeton University Press, 1991

(3). Donald Olsen, The City as a Work of Art, Yale University Press, 1986

(4). John W.  Berry, et all., Ethnicity and culture in Canada, University of Toronto Press, 1994.

(5). Derrik de Kerkove, The Skin of Culture, Somerville Press, 1995; see also: The Architecture of Intelligence (http://www.architecture.openflows.org/)

(6). Crawford Brough Macpherson, Democratic Theory: Essays in Retrieval, Oxford University Press, 1973

(7). Merrill D. Peterson (ed.), The Political Writings of Thomas Jefferson, Scribner, 1993; Robert W. Tucker,  David C. Hendrickson, Empire of Liberty: The Statecraft of Thomas Jefferson, Oxford University Press , 1990

(8). David Boyd, Imre Salusinszsky, Rereading Frye : The Published and Unpublished Works, University of Toronto Press, 1999

(9). William Christian, George Grant: A Biography, University of Toronto Press, 1994

(10). William Christian, op.cit. 1994

(11). Jay Appleton, The Experience of Landscape, 1996

(12). Pino O. Longo, Homo technologicus, Meltemi, 2001

(13). Jane Jacobs, The Death and Life of Great American Cities, 1961

(14). Arthur Kroker, Technology and the Canadian Mind: Innis/McLuhan/Grant, New World Perspectives, 1984

 

Marco Nardini (1961) insegna Modellazione presso il Corso di Laurea in
Disegno Industriale (Facoltà di Architettura "L. Quaroni", Roma "La
Sapienza"). Autore di studi e ricerche sull'applicazione delle tecnologie
informatiche e telematiche all'architettura. Ha ottenuto diversi premi in
concorsi d'architettura, design e progettazione del paesaggio. Ha
realizzato siti web, CD Rom e sistemi informativi per didattica e ricerca.

 
     

 

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