Entrando…

attorno al concetto di "entrare nella città"

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Entarare. Ma come? Ci sono tanti modi per entrare in una città, io ne conosco alcuni ma sicuramente ognuno ha il suo, ognuno ne crea molti altri. Ieri per indelebile destino mi è capitato di ENTRARE nuovamente in una città che oramai fa parte del mio DNA…Genova. Ci sono entrato “da un lato” come fanno in molti, dalla sua porta principale, o almeno da una delle porte principali, la stazione. È un ingresso velocissimo e ciclico; ad ogni treno e in ogni minuto centinaia di persone si catapultano nella città e poi come piccoli semi si distribuiscono su tutto il territorio; ciò che caratterizza questo Entrare è la velocità, l’anonimato e il bersaglio, il bersaglio perché come una freccia che fa centro ci si trova subito immersi nelle viscere della vita sociale, ai margini tra il centro storico e la città diffusa. Mi sento molto un City User quando mi accosto alla città in questo modo, anonimamente al mattino entro a far parte dello spettacolo e ancor più anonimamente alla sera ne esco per far ritorno alla mia tana.

Un altro modo per Entrare è quello “dall’infinito” cioè arrivando dal mare, si percepisce già a distanza dove si sta arrivando è come una lente di ingrandimento e mano a mano che si ci avvicina si ha una veduta di maggior dettaglio. Potrei dividere in due differenti modi l’entrare dall’infinito; un infinito notturno e uno diurno. In quello notturno da lontanissimo percepisco solo una luce sempre più potente che poi diventerà un fascio di luce: la lanterna. Poi avvicinandomi le luci diventano tante, diventano costellazioni, diventano galassie, come un caleidoscopio di colori e di forme si animano e mi parlano, mi fanno capire che li pulsa la vita. Nell’infinito diurno le immagini passano dallo sfuocato al definito, prima noto sole le catene montuose, poi il bordo della città, poi lo sky_line; questo si ingrandisce sempre più. Genova è fatta di volumi sovrapposti e di totem; inizio a percepire sbiaditi volumi, poi più in dettaglio riconosco i totem, grossi elementi verticali che si stagliano sul cielo e sulle colline.

Esiste poi l’anonimo entrare dal bordo, dalle strade o dalle arterie superveloci in cui partendo dai margini, la città mi si svela e si presenta, ma questo modo forse è quello che mi interessa di meno. Al contrario l’ultimo modo di entrare, ma non per questo meno importante, è “l’entrare da dentro” quello che preferisco. È un entrare ma in realtà è un “esserci già dentro”, appartiene all’animo e ai sentimenti. Si entra (ma in realtà si esce) dal cuore antico della città da uno dei tantissimi palazzi storici che si affacciano sulla miriade di vicoli e vicoletti della città più antica. E un entrare che arriva dallo spirito di conoscenza della vera identità di questa città cosi misteriosa e incoerente e un entrare che mi ricorda molto le misteriose città invisibili con un nome di donna di Calvino. E’ un entrare che può anche non essere fisico ma mentale. È sempre una novità entraci in questo modo, si rimane stregati da un fascino, di certo non scintillante ma pregno di significati. Inutile raccontarlo per me è sempre un’emozione nuova, una riscoperta… un identificarmi. Sto entrando ma in realtà sto capendo che tutto questo era già dentro di me.

 

Per approfondire le tematiche della città contemporanea

Biennale di Venezia – Sezione architettura

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